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INDICE  PRESENTAZIONE (Roma)  PRESENTAZIONE (TV ch10)  INTERVISTA (Ordine Psicologi Abruzzo) 

Una ricerca sul mondo maschile, costruita attraverso l'antropologia, la Psicoanalisi e l'Analisi Mentale.

Questa ricerca prende spunto dalle recenti campagne di sensibilizzazione in campo medico-sanitario che hanno evidenziato alcune problematiche peculiari del genere maschile.
In particolare una ricerca dell’ISPO afferma che: “Il 52% degli uomini con più di 40 anni soffre di problemi di erezione: stress, stanchezza, ansia da prestazione…”

Viviamo in un tempo in cui radicali cambiamenti nel processo procreativo iniziati nel secolo scorso, hanno modificato il rapporto tra sessualità e procreazione e di conseguenza hanno creato uno stravolgimento nei ruoli, sia nella donna, sia nell’uomo.

L’autore ripercorre, attraverso dati statistici, antropologici e culturali, l’evoluzione del genere maschile, formulando ipotesi circa le cause di una indiscussa crisi di genere.

Pubblicato da Edizioni Psiconline (dicembre 2015)

Dove acquistare il libro: grazie alla distribuzione di Messagerie libri, l'opera è presente in molte librerie e ordinabile in tutte le librerie del territorio nazionale.

Su internet è possibile ordinarlo: Edizioni Psiconline  Libri di Psicologia  IBS  Mondadori  Unilibro

Pagina Facebook del libro  

INDICE DELL'OPERA

Introduzione; 1° Maschi contro femmine o femmine contro maschi?; 2° Il Collettivo; 3° La formazione dell’Identità e il Collettivo; 4° Il Collettivo, la procreazione e il cambiamento; 5° L’evoluzione della sessualità nell’essere umano; 6° Il 52%: le certezze perdute del maschio moderno; 7° L’evaporazione della paternità; 8° Il vuoto e la trappola del Viagra; 8° Alla ricerca di una nuova identità



 

PRESENTAZIONE ROMA (4 dicembre 2015)

In occasione della Fiera Nazionale della piccola e media editoria "Più libri più liberi", al Palazzo dei Congressi di Roma ho tenuto insieme al dott. R. Giovannini (correlatore) la presentazione del libro.

 

 

 

 

PRESENTAZIONE SU CANALE 10 (7 aprile 2016)
In occasione della trasmissione condotta da Carlo Senes "State comodi" in cui si è parlato di famiglia, unione civili e sessualità, ho presentato "ilcinquantaduepercento - i vissuti della sessualità maschile".
Ospiti: Giorgio Carnevale (autore del saggio), Rebecca De Pasquale (partecipante GF '14), Jessica Rizzo (pornostar), Mon. Salvatore Micalef (vicario Roma), Dott Domenico Giuseppe Bozza (Psicologo), Moira sorrisi (Conduttrice radiofonica)

 

 

 

Presso l'Ordine degli Psicologi della regione Abruzzo (sez. di Pescara) il giorno 8 aprile 2016 insieme al Dott. Roberto Giovannini ho presentato "Ilcinquantaduepercento - I vissuti della sessualità maschile" Incontro pubblico. Durante l'evento è stata rilasciata un'intervista, trascritta di seguito.

  1. Dottor Carnevale, nella parte introduttiva in cui viene presentato il testo della campagna di sensibilizzazione mediatica sull’impotenza, o meglio definire “disfunzione erettile”, ritiene che l’utilizzo di termini come “il maschio fa flop” e “… fa cilecca”, siano impropri o stigmatizzanti?

Essendo sostanzialmente una pubblicità televisiva, reputo che i termini utilizzati siano solo d'effetto. Ritengo che la problematica della disfunzione erettile, più in generale tutti quei problemi che riguardano la sessualità maschile, non interessino solo la fascia di età proposta nella campagna, cioè sopra i 40 anni. La "scelta" di mettere in evidenza questa fascia di età è di natura prettamente commerciale. L'età di mezzo, computi i quaranta, è particolarmente insidiosa, in quanto si approda lentamente in una dimensione in cui la percezione del tempo e della morte cambiano radicalmente. Se prima il futuro sembrava pressoché infinito, ad un certo punto non lo è più. Da qui le insicurezze diventano ingombranti e se compaiono problemi sessuali, come la disfunzione erettile, l'allarme diventa spesso ingestibile. Un uomo tende a pensare che approdato nell'età di mezzo, percependo il limite temporale della vita, l'episodio della non erezione non sia un problema momentaneo, ma la fine della propria sessualità. Ciò implica l'ingresso in uno stato ansioso che, ovviamente, aumenta la probabilità di altri insuccessi.

In conclusione direi che la campagna di sensibilizzazione sia stata orientata nella fascia di età degli over 40 sia per i motivi sopra esposti, sia perché si tratta di un'età in cui è probabile una certa stabilità economica e quindi l'ansia per un problema "fisico" dIi questa portata, con il portafoglio pieno, mobilita accertamenti e consultazione professionali smisurate e spesso fuori luogo. Nel particolare sottolineo che, nonostante la campagna di sensibilizzazione metta in evidenza che solo il 2% del 52% ha un problema strettamente fisico che determina la disfunzione erettile, le indicazioni circa le terapie idonee  sono strettamente mediche: andrologo, urologo, medicina generale.

  1. Rispetto alle problematiche sessuali, ritiene che la reticenza a non parlarne con uno specialista sessuologo, sia dovuta ad una scarsa informazione ed educazione alla sessualità e disfunzioni sessuali annesse?

Sicuramente la reticenza a non parlare di un problema di questo tipo, complica un po' tutto. Ma non penso sia legata ad una scarsa informazione. Forse oggi, più che parlare di scarsa informazione, dovremmo parlare di eccessiva informazione, che non fa che confondere e disorientare chi deve affrontare un problema di questo tipo. Anche a livello professionale ci sono spesso sovrapposizioni di specializzazioni, paradossalmente tutti si occupano di tutto.

Chi non vuole affrontare il problema della disfunzione erettile "pubblicamente" tenderà ad affrontarlo attraverso l'assunzione di farmaci come il viagra o simili. Chi invece lo vuole affrontare concretamente è spesso mosso dall'emergenza e tenderà a muoversi all'interno di una cornice strettamente medica che, sempre attraverso l'uso di farmaci, può garantire una risposta immediata ma a mio avviso non idonea. Aggiungerei il fatto che gli uomini, diversamente dalle donne, hanno una certa reticenza a mettersi in gioco, ad intraprendere un percorso psicoterapeutico e quindi tendono a scegliere soluzioni pratiche ma che, come sappiamo, non sono risolutive e più che altro non aggiungono nulla in termini esperienziali e quindi di crescita.

  1. Nel procedere del suo lavoro, ad un certo punto, parla di dipendenza reciproca nella coppia come espressione di un disagio e, successivamente, introduce il concetto di cambiamento Bio-Culturale; ritiene pertanto che gli aspetti psicologici sottesi al bisogno di dipendenza non abbiano influenzato il suddetto cambiamento?

Ogni aspetto relazionale è portatore di benessere come di malessere. In una coppia, dove si presume che il coinvolgimento sia particolarmente intenso e profondo, la dipendenza dal partner è sicuramente una fonte di benessere ma anche di malessere. La complessità delle dinamiche di coppia scaturisce proprio da questo. D'altra parte se un uomo si completa con una donna e viceversa, l'incontro nella coppia sarà portatore di vitalità, ma ad altri livelli, sarà percepito come una perdita di identità e di autonomia. Ovviamente non tutte le coppie sono uguali così come non sono identiche le dinamiche che la caratterizzano. Detto in modo semplice, ma a mio avviso efficace, partendo dal fatto che l'essere umano tende a desiderare quello che non ha, quando è solo tenderà a cercare un partner, mentre quando è in coppia tenderà a cercare spazi autonomi.

  1. A proposito del concetto di “collettivo” Junghiano di cui parla nel suo libro, considerando la formazione dell’Identità come un processo binario tra Identità personale e gruppale, ritiene che questo rapporto possa essere definito dialogico e quindi auto-influenzantesi costantemente o che in realtà sia più il senso di appartenenza gruppale e collettiva ad influenzare e definire la propria identità personale?

Il discorso è molto complesso ed è anche difficile riuscire a spiegare la relazione di queste due dimensioni. Diciamo che nel mio lavoro propongo un concetto di Collettivo che è una rielaborazione di quello Junghiano, più precisamente quello esposto da Majore. Il Collettivo è in prima istanza una dimensione mentale che si articola su vari livelli. Da un livello primitivo, la specie, fino agli aspetti organizzativi e sociali. Avendo una sua dinamica è in grado di orientare gli individui affinché il Collettivo stesso mantenga una sua coesione in grado di garantire la continuità. Il Collettivo è immortale, mentre l'individuo non lo è. L'identità personale è anch'essa una dimensione mentale che si sviluppa all'interno dell'ontogenesi e in continua relazione con il Collettivo. All'interno del libro, faccio vari esempi che aiutano a capire queste continue relazioni e quanto gran parte dei nostri atteggiamenti siano governati dal collettivo stesso. Il Collettivo non fa gli “interessi” dell’individuo ma lo utilizza e spesso lo sacrifica per la coesione dello stesso.

Ciò non toglie l'unicità dell'individuo, ma tale unicità non dipende dalla struttura dell'identità individuale ma dalla dinamica di quest'ultima con le istanze del Collettivo. Definirei la Persona, la sintesi di questa relazione: Identità personale e Collettivo.

  1. Che cosa l’ha spinta ad indagare sulla storia dell’uomo e sul cambiamento intervenuto nella sessualità e l’interdipendenza con il processo creativo?

Viviamo in un tempo in cui da più ambiti viene sottolineata la difficoltà dell'uomo. Questa condizione di disagio lo riscontriamo nei giovani maschi, come negli adulti. La paternità, per esempio, è in costante depressione. Molti sostengono che questo fenomeno sia determinato dall'assenza del padre all'interno della famiglia. Io sostengo che la figura maschile è sempre stata coinvolta fuori della famiglia, in tempi passati molto di più e quindi non penso che i motivi vadano ricercati in fenomeni genericamente ambientali. Le teorie sistemiche, nonostante si muovano su un piano prevalentemente relazionale, hanno colto in maniera esemplare questo fenomeno coniandolo come genitore periferico. La loro osservazione ha portato alla luce una posizione, un ruolo, della figura paterna spesso e drammaticamente periferica. Questo ci porta a pensare che il problema della paternità, la crisi della paternità sia un fatto prevalentemente simbolico e non pratico.

La depressione della paternità e più in generale quella del ruolo maschile determina, tanto per fare un esempio, che  nel processo educativo e istruttivo la figura maschile non esiste praticamente più. Tradotto in termini pratici, un individuo che inizia la scolarizzazione molto prima rispetto ai tempi passati, non incontrerà una figura maschile fino alle scuole media, dove per altro la componente maschile è bassissima. Questo semplice dato può da solo mettere in evidenza una totale mancanza del maschio nell'evoluzione di un individuo.

La mia ricerca presentata nel libro evidenzia come la sessualità sia cambiata negli ultimi 70 anni, sganciandosi in parte dal processo creativo. Questo radicale cambiamento è il principale fattore che determina il disagio maschile in quanto la virilità maschile, che si è sempre espressa principalmente attraverso la numerosità della prole, si evidenzia nella perdita del primato della virilità nella formazione dell'identità.

  1. Nel procedere della sua analisi, lei si sofferma sulla crisi dell’identità individuale maschile come fattore perpetrante o rinforzante la problematica sessuale di questo ironico ed ipotetico “52%”; ritiene pertanto che questo non sia connesso anche ad una dinamica relazionale della coppia?

Francamente non penso che un problema che riguarda la sessualità maschile possa essere determinato da fattori relazionali. Questi ultimi probabilmente possono rafforzare o meno una problematica di questo tipo. Il diffusissimo consumo del viagra e simili da parte di giovani come dei adulti non penso che sia determinato da fattori relazionali di coppia. Dal mio punto di vista lo leggo come fenomeno "disperato" per contrastare un disequilibrio generato da una profonda crisi d'identità.

Possiamo ipotizzare un problema di disfunzione erettile di tipo reattivo, cioè determinato da fattori prevalentemente ambientali quindi anche relazionale. Ma in linea generali quando parliamo di patologie, sindromi, ecc, di tipo reattivo facciamo riferimento a qualcosa di temporaneo e facilmente trattabile sia da un punto di vista farmacologico sia psicoterapeutico. Ma quello che cerco di approfondire nel mio lavoro riguarda principalmente una difficoltà che potremmo definire di adattamento del maschio nei confronti dei cambiamenti avvenuti negli ultimi settant'anni.

  1. Rispetto al ricorso eccessivo del Viagra che ha descritto nel suo libro, pensa che tale assunzione possa essere connessa al fatto che coloro che soffrono di una problematica erettiva si rivolgono in prima battuta al medico di base?

E che il ricorso a tale assunzione sia legata alla mancanza di programmi educativi alla sessualità?

Bisogna distinguere se stiamo parlando di un utilizzatore di viagra generico o di una persona con disfunzione erettile. Il linea generale l'uso del viagra e affini ha come obbiettivo quello di colmare un vuoto che nella maggior parte dei casi ha poco a che vedere con la sessualità in senso stretto.

E' comunque fuori discussione che se un ragazzo, piuttosto che un adulto, si presenta dal proprio medico di base riferendo di una défaillance sessuale, sarà breve la prescrizione di Viagra. Quando invece parliamo di un adulto che ha sperimentato varie situazioni in cui si è presentata la disfunzione erettile, il discorso non cambia più di tanto. In quest'ultimo caso si aggiungeranno una serie di accertamenti diagnostici in genere prescritti dall'andrologo per poi arrivare alla medesima prescrizione.

E' molto raro l'invio da parte del medico di base a uno psicologo, rimanendo una problematica strettamente medica.

  1. Volendo concludere, dove stanno andando oggi uomini e donne? Chi sono oggi gli uomini e le donne?

Una domanda su cui si potrebbe scrivere un altro libro. Gli uomini e le donne delle società occidentali si stanno misurando con una realtà relazionale profondamente cambiata e ancora soggetta a cambiamenti significativi. Ormai da molto tempo l'omosessualità non è più considerata una patologia ma non è ancora normalità. Ancora oggi è considerata diversità. Uomini e donne si stanno adattando a un modo più articolato di stare insieme che sarà eterosessuale come omosessuale. Nel mondo femminile, tanto per fare un esempio,  è sempre più frequente incontrare donne sposate con una relazione extraconiugale omosessuale. Possono sembrare aberrazioni relazionali, ma rappresentano una realtà.

Inoltre, il fatto che la legislazione si sia aperta alle unioni civili, anche in un paese profondamente cattolico come il nostro, è un chiaro segnale che il cambiamento c'è stato e la nuova legislazione non è altro che il bisogno di legittimare qualcosa che rappresenta il vissuto quotidiano.

Proseguendo con lo stesso trend la sessualità sarà sempre meno legata alla riproduzione e questo modificherà ancora di più il modo di stare insieme.

Ma bisogna essere anche realisti e superare la provincialità e dire che mezzo continente africano pian piano sarà al nostro fianco. Questo fenomeno avrà sicuramente un'influenza anche nel nostro modo di stare insieme, mitigando gli eccessi di modernismo.

In conclusione il mio lavoro vuole mettere il maschio in una posizione di osservazione costruttiva, nella speranza che possa accorgersi di qualcosa :)

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Author: Giorgio CarnevaleEmail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.